Lasciando tutto a desiderare

Lasciando tutto a desiderare | istallazione | Contempo 2016 |Chiostro medievale del monastero di San Benedetto – Conversano | ferro nero | carta | suoni | desideri






Concept : Lasciando tutto a desiderare, istallazione performance site-specific


L’intervento proposto è un tentativo di messa a dimora d’immagini, suoni e suggestioni evocateci dal luogo. Il piccolo chiostro medievale, all’interno del monastero, caratterizzato da una planimetria irregolare e delimitato dai muri della chiesa, da quelli del refettorio, del chiostro seicentesco e in parte dalle mura antiche della città, è un luogo che tiene il tempo. Uno spazio di risulta tenuto fra parentesi di pietre. Un luogo di sospensione, di cose non dette, sognate o lasciate a macerare fra le piante e le pietre che reggono al segreto. Un luogo generoso che porta luce agli edifici che lo delimitano e lo proteggono da tutto, fuorché dal desiderio. Desiderio che sempre è desiderio dell’altro, o di un altrove. Un incontro possibile solo nella pratica dell’assenza, in quel mancare dove s’annida l’abitare del desiderio. La facciata che chiude a nord il chiostro è quella del refettorio, luogo, un tempo, di convivialità, di cerimonie, di una socialità tenuta assieme attorno ad un tavolo al primo piano. Le finestre del refettorio che affacciano sul chiostro, sono state un’apertura ulteriore sull’incantamento del luogo. Ché fra il desiderio e un tavolo c’è sempre una finestra, e a volte capita che sia aperta e affacciata su un altrove. A cosa pensavano i commensali quando pranzavano? Chi fra i tanti presenti avrebbe preferito non esserci? Forse qualcuno in quel momento voleva essere oltre le mura, e gettando lo sguardo dalla finestra con un desiderio al collo, tuffarsi a mare, magari nei pomeriggi estivi e assolati; oppure desiderare ciò che si ha pudore di nominare o spesso ciò che non si sa dire. L’istallazione lasciando tutto a desiderare è un omaggio alla vita possibile, alla pratica del desiderio che sempre porta ad essere nel tentativo dell’incontro, persino di quello mancato. Un tavolo in equilibrio precario, in aggetto da una delle finestre del refettorio sullo spazio del desiderio, funge da trampolino per una figura di donna che sta ad evoca gli abitanti antichi del convento. Una scultura in ferro che gioca con i pesi specifici, lavorando sull’ossimoro fra il materiale utilizzato e il tema del desiderio che non ha peso. Dalle finestre aperte, giungono suoni legati alla tavola (rumori di posate, bicchieri e voci indistinte…) e suoni legati al mare (voci di bagnanti, vento, onde…). Per terra, all’interno del chiostro, lanciati dal primo piano, fogni di carta appallottolati con su scritto un desiderio. Il chiostro così si farà luogo di raccolta dei desideri, passati e futuri: ai fruitori dell’opera, verrà chiesto di alimentare il patrimonio dei desideri gettati. Saranno invitati a lasciar traccia, a scrivere il proprio desiderio, ad accartocciato (per proteggerlo), e lanciarlo fra gli altri, aggiungendo all’opera altra vita possibile.

Nadiya Yamnych - Massimo Romanazzi - Walter Espedito Trento